Carta numero 13, La Morte


La Morte è una di quelle carte che impongono fin da subito di parlare dell'elefante nella stanza: essendo forse la carta più temuta, "accolta" di solito con una faccia che sbianca e con il terrore negli occhi, sembra quasi che diventiamo noi stessi copie della Signora con la Falce, tanto diventiamo pallidi e con gli occhi sgranati. Per esperienza, posso dire che molto raramente parla di morte fisica. Quella mi è apparsa più spesso con altre carte, onestamente. Però non voglio nemmeno indorare la pillola: la Morte parla comunque di cose che finiscono, e di solito contro la nostra volontà e con dolore. Mi è apparsa per avvertirmi della fine di relazioni amorose, amicizie, lavori. Quando appare lei, qualcosa deve finire. E, se è vero che la speranza è l'ultima a morire, spesso e volentieri bisogna rassegnarsi al fatto che, in questi casi, la Morte segnala che anche quella è destinata a farlo.
Quindi è una carta solo negativa? Assolutamente no. È una carta difficile, ma con enormi qualità transformative. Se c'è una carta che può in qualche modo rappresentare la massima "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" (Lavoisier), è proprio questa. È così che scopriamo che la Speranza, proprio l'ultima che muore, può far capolino al di là del dolore iniziale e del lutto. È così che magari scopriamo che le energie messe in una relazione che si trascinava da tempo ora possiamo magari metterle per nuovi progetti, nuove relazioni, per viaggi, e tante altre nuove esperienze. È così che magari, dopo anni passati in un luogo di lavoro dove abbiamo versato lacrime e sangue con poche soddisfazioni in cambio, decidiamo di cercare un nuovo posto di lavoro, o avviare una carriera del tutto diversa. Dopo la fine c'è un rinnovamento. Questo lo possiamo sperimentare anche con la morte vera e propria, argomento senza dubbio scomodo e su cui cerchiamo il meno possibile di soffermarci, nella cultura occidentale. Ma è un dato di fatto che esista e ci può insegnare molto. Per esempio, dopo la morte di mio padre ho vissuto un periodo di lutto in cui mi sentivo completamente persa, come se fossi a bordo di una barca mal ridotta, nel bel mezzo dell'oceano, e stessi navigando a vista. E, alcuni giorni, non solo ero in mezzo all'oceano, persa, ma mi sembrava di essere travolta da una tempesta. Quando perdi la persona che più di tutte ha rappresentato un porto sicuro, è facile sentirsi improvvisamente senza appigli. Eppure, nonostante ci siano giorni ancora difficili, la mia vita è andata avanti: piano piano, ho ripreso a fare progetti, a studiare, ad immaginare un futuro. Cosa che, nel mezzo della tempesta, non riuscivo a fare. Nessuna vita va perduta, la morte dei nostri cari ci porta spesso e volentieri, all'improvviso, a diventare più simili a loro. Io mi sorprendo a fare le stesse battute che prima faceva mio papà, mio fratello sta fisicamente diventando sempre più simile a lui... È come se qualcosa di nostro padre si fosse trasmesso a noi figli. Mi piace pensare sia un ultimo dono, un ultimo atto d'amore.

Lettura consigliata: "Le intermittenza della morte", José Saramago.
Che cosa succederebbe se improvvisamente la morte smettesse di ammazzare? Se cominciasse uno sciopero? Sarebbe un sogno diventato realtà o un incubo ad occhi aperti? E cosa succederebbe se poi, una volta terminato lo sciopero, la morte riprendesse a fare il suo lavoro ma ci fosse un uomo che proprio non vuole morire? E ancora, cosa succederebbe se la morte, proprio lei, si innamorasse di quell'uomo? Questo libro di Saramago inizia in maniera del tutto surreale, pone una critica intelligente sulla politica e la religione. Ma ci porta piano piano nel mondo dei sentimenti, accompagnandoci dolcemente verso una fine romantica e poetica. 

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